“Il cioccolatte è fatto”. Perché la cioccolata piace a tutti, anche a Mozart

Categoria: Pasticceria 

Difficile trovare qualcuno a cui non piaccia il cioccolato. Dolce, morbido, profumato: impossibile non cedere alla tentazione.

Despina sta frullando il cioccolatte e si lamenta: “Che vita maledetta è il far la cameriera! (…) di tanto che si fa, nulla è per noi. È mezz’ora che sbatto, il cioccolatte è fatto, ed a me tocca restar ad odorarlo a secca bocca?”. E siccome non resiste a quell’aroma, prima di servire il cioccolatte alla padrona, lo assaggia: “Com’è buono!”, e si pulisce la bocca.

Atto primo, scena ottava di “Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti”, il dramma giocoso di Wolfgang Amadeus Mozart (K 588) su libretto di Lorenzo Da Ponte, rappresentato per la prima volta nel 1790 a Vienna.

È ad Hernán Cortés, conquistatore del Messico, che si deve l’avvio dell’importazione delle fave di cacao in Europa, e fu grazie a lui che in breve tempo la cioccolata in tazza divenne la “bibita” preferita dell’aristocrazia dell’epoca, per poi diffondersi in tutto il mondo.

Celebrato fin dal suo esordio nel vecchio continente per il suo aroma e per le sue proprietà curative, il cioccolato non manca di essere omaggiato in ogni arte, a partire dai pittori di corte, che iniziarono a ritrarre nelle loro opere tazze di cioccolato e fave di cacao, soprattutto in nature morte in cui la cioccolata veniva presentata in pregiate tazze su ricche tavole imbandite.

Ad esempio, l’artista svizzero Liotard deve la sua notorietà proprio alla cioccolata, immortalata nel suo famoso quadro “La bella cioccolataia”, nel quale una graziosa cameriera sorregge un vassoio con una tazza di cioccolato ed un bicchiere d’acqua. Grande amore per la cioccolata anche per l’infanta di Spagna Maria Josefa, che si fece ritrarre da Giuseppe Bonito accanto al suo adorato cagnolino e ad una bella tazza di cioccolata calda.

In Italia, accanto ai Caffè, nel XVIII secolo iniziarono a nascere anche le “Case della cioccolata”, luoghi dove nobili e intellettuali discutevano mentre sorseggiavano cioccolata. E di questo prezioso cibo parlerà Goldoni nelle sue commedie “La bottega del caffé” e la “Locandiera”, così come Manzoni, che farà prendere a Gertrude, la ben nota monaca di Monza, “una chicchera di cioccolata” per ridestarsi.

Il cioccolato, insomma, non è mai mancato nel mondo del teatro, della pittura, della letteratura e della poesia. Goethe, Leopardi, D’Annunzio, Proust, Dumas, Dickens, Kerouac, Joyce, Garcia Marquez, fino ad arrivare ad Alda Merini, Roald Dahl, Stefano Benni, Joanne Harris e Laura Esquivel: moltissimi, in un modo o nell’altro, ne hanno parlato.

Così come nel cinema: “Pane e cioccolata”, “Bianca”, “Come l’acqua per il cioccolato”, “Chocolat”, “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato”, “Forrest Gump”, “Grand Budapest Hotel”. Questi e molti altri i film che hanno celebrato questo alimento che nell’immaginario collettivo rappresenta il dolce per eccellenza, uno tra i cibi più apprezzati da tutti i popoli del pianeta.

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