Le fasi della panificazione

Categoria: Cucina 

Non esiste un metodo standard di panificazione per tutti i tipi di pane italiani, ma ciascuno può essere realizzato secondo l’abilità o la fantasia del panificatore.
Non esistendo una nomenclatura comune né per i tipi di pane né per le lavorazioni, si prenderanno in considerazione solo le fasi più importanti del processo produttivo. Ecco di cosa parleremo nell’articolo:

La panificazione

All’interno di uno stesso processo produttivo può variare una fase (essere più o meno presente il riposo, allungare il tempo della puntata…), la tipologia di lavorazione, la pezzatura e la forma del prodotto, ma in ogni caso si seguono 2 metodi di lavorazione:

  • il metodo diretto che prevede la lavorazione in un’unica fase, cioè tutti gli ingredienti vengono pesati al momento e introdotti nell’impastatrice;
  • il metodo indiretto (o a due fasi) che consiste in una prima fase di preparazione della biga o del poolish, oppure della madre e, in un secondo tempo, alcune ore dopo, su questi impasti insieme ad altri ingredienti.

*CORSO PANIFICAZIONE AMATORIALE – 21 SETTEMBRE 2020*

Prima di continuare, un piccolo focus sui termini biga e poolish.

Biga
È un preimpasto asciutto fatto lievitare molte ore (da 16 a 48) ottenuto da una farina forte (es. manitoba) con valore proteico alto, con un W con un valore 300 e dotato di buona elasticità (P/L 0,50 0,60).
Ingredienti per fare la biga: farina forte 1 kg, acqua 0,450 l e lievito compresso in quan- tità variabile a seconda delle ore di lievitazione da raggiungere (ad una temperatura di 18 °C e per una lievitazione prevista in 18-24 ore il lievito da utilizzare sarà dello 0,2%).
A maturazione avvenuta, se ne può utilizzare, per l’impasto finale, fino al 50% in inverno e al 40% in estate. L’impastamento della biga deve essere brevissimo, appena si vede che la massa è amalgamata bisogna fermare l’impastatrice, non bisogna far allisciare l’impasto.

Poolish
A differenza della biga, è un preimpasto liquido ottenuto da farina, acqua in uguale quantità e lievito compresso. La quantità di lievito compresso da mettere varia in base al tempo di fermentazione e alla temperatura ambientale:

  • 1-2 ore: 2-3%
  • 4-5 ore: 1,5%
  • 7-8 ore: 0,5%
  • 10-12 ore: 0;2%
  • 15-18 ore: 0,1%

Un esempio di poolish a 4 ore:

  • farina forte: 1,000 kg
  • acqua: 1,000 lt
  • lievito compresso: 15 g 1,5%

L’impasto ottenuto deve avere una temperatura di 22-25 °C, mentre l’ambiente per la fermentazione tra i 20 e i 22 °C.

Vediamo ora le fasi principali, comuni a tutte le differenti tipologie di lavorazione sono:

  • impastamento
  • formatura
  • fermentazione
  • cottura (abbattere subito dopo cottura per intrappolare l’umidità che servirà per rigenerarlo)
  • trasudamento
  • stoccaggio
  • vendita

Le fasi di panificazione

Il metodo di lavorazione si divide in:

  • pianificazione dell’impasto e del lavoro
  • dosatura degli ingredienti
  • impastamento
  • puntata (o prima fermentazione)
  • pesatura e divisione
  • seconda puntata o rilassamento (2 °C lievitazione)
  • formatura
  • lievitazione
  • infornamento
  • cottura
  • sfornamento

Considereremo i seguenti metodi:

  • diretto quando si effettua un impasto e gli ingredienti vengono mescolati tutti insieme senza aggiunta di un’altra pasta
  • indiretto (biga, poolish)

Il metodo d’impasto indiretto si distingue da quello diretto in quanto con l’apporto di un pre impasto il prodotto finito ha le seguenti caratteristiche:

  • profumo
  • croccantezza
  • miglior resistenza all’ammuffimento (avendo un Ph più acido)
  • miglior conservabilità
  • miglior digeribilità

L’impastamento

L’impastamento non rappresenta solo la prima fase del layout di produzione di un qualsiasi prodotto da forno, ma è senza dubbio la fase più delicata ed importante di tutto il processo tecnologico.
Il modo in cui ingredienti come il lievito, il sale, l’acqua, la sostanza grassa vengono incorporati (oltre a fenomeni legati alla durata di questa fase e al riscaldamento meccanico) sono i fattori che possono influenzare la qualità dell’impasto, la riuscita di tutto il processo e l’ottimizzazione del risultato. È chiaro che la scelta dell’impastatrice, l’utilizzo di un metodo di lavoro piuttosto che un altro (metodo diretto, indiretto con biga, indiretto con lievito naturale, indiretto con poolish, diretto lungo, lavorazione con doppio impasto) e i tempi più o meno lunghi d’impastamento, non sono prerogativa soltanto del tipo di pane, delle abitudini di lavoro, ma dipendono soprattutto dalle proprietà reologiche della farina non da ultimo dal quantitativo di acqua assorbita dalla farina.

Non tutte le farine assorbono la stessa quantità di acqua nello stesso tempo; alcune possono assorbire quantità di acqua minore in un tempo maggiore, altre invece possono assorbire una quantità di acqua maggiore in un minor tempo. Questo varia in base alla qualità della farina, in particolare dipende dal grado di macinazione, dal grado di abburattamento, dalla quantità di amido danneggiato presente, dall’umidità della farina, dal quantitativo di proteine oltre che dalla presenza di altre sostanze. Da ciò si può ben comprendere come si cada molto spesso in errore se si pensa di impastare tutte le farine con la stessa quantità di acqua oltre al fatto di lavorare tutti gli impasti con gli stessi tempi di impastamento. L’incidenza dell’impastamento sulla qualità della pasta va ben oltre lo scarso sviluppo del glutine o la presenza di un eccesso di collosità, in quanto influenza tutte le fasi successive comprese le caratteristiche organolettiche del prodotto finale.

La regola da rispettare prima di iniziare un impasto è determinare la temperatura finale dell’impasto. La temperatura ottimale per ogni stagione:

  • estate: 19-20 °C
  • primavera: 21-23 °C
  • autunno: 23-24 °C
  • inverno: 24-27 °C

Per determinare la temperatura finale dell’impasto si applica una formula fisica, la formula del 3: se vogliamo, per esempio, una temperatura finale dell’impasto a 24 °C dobbiamo fare 24×3=72*.

Nel dettaglio:

  • misura la temperatura ambiente (es: 25 °C)
  • misura la temperatura della farina o della biga (es: 20 °C)
  • misura il calore di energia dell’impastatrice (es: 8 °C – varia a seconda del tipo di impastatrice poiché ognuna ha il suo grado di riscaldamento)
    totale 53 °C
  • Per arrivare a 72 °C* basta calcolare la temperatura dell’acqua:
    72 – 53 = 19 °C (temperatura dell’acqua) 19 °C—– 72 °C dividendo poi 72:3 = 24 (temperature finale voluta).

La formatura

Questa fase è di estrema importanza, non solo per la forma che prenderà il pezzo di pasta, ma per il movimento all’interno dei gas prodotti. Questi ultimi a percorrere la stratificazione operata dall’avvolgitura fino eventualmente ad uscire nel punto di “chiusura” della forme.
Nel caso di un pezzo di pasta con forma avvolta allungata o semplicemente avvolta, il movimento dei gas, nel periodo della fermentazione e/o nei primissimi istanti della cottura, avviene seguendo la stratificazione della pasta che si forma durante la formatura manuale o meccanica e non direttamente dal basso verso l’alto.
Nel caso invece di una formatura a sfera o a “tartina” il movimento dei gas avviene seguendo una direzione concentrica se la “tartina” è stata avvolta correttamente, senza cioè screpolature superficiali e ben stretta; mentre se presenta rugosità superficiali, dovute a un eccessivo contatto con il palmo della mano e denota un mancato o scarso avvolgimento, la fuoriuscita dei gas sarà irregolare, attraverso le screpolature, oltre a presentare uno sviluppo e un aumento di volume della pasta in larghezza e non verso l’alto.

La fermentazione

La riuscita del prodotto finale dipende dal complesso delle reazioni che avvengono all’interno di questa fase. Il Saccharomies Cerevisiae è in grado di fermentare il glucosio, il fruttosio, il mannosio, il galattosio, il saccarosio e il maltosio. In presenza di ossigeno, il lievito compresso utilizza completamente il glucosio, a scopo plastico ossia produce massa cellulare.
Successivamente, inizia a trasformare il glucosio in alcol etilico e anidride carbonica secondo la reazione 1: equazione schematica e incompleta della fermentazione alcolica C6H12O6 – 2CO2+2C2H5OH Glucosio – 2 anidride carbonica + 2 alcol etilico.
I lieviti trasformano gli zuccheri complessi in zuccheri semplici.
In realtà, la reazione procede attraverso diversi passaggi dove si formano numerosi prodotti secondari tra cui glicerolo, acidi organici, aldeidi, esteri, alcol superiori ecc. responsabili dell’aroma e del sapore del pane.
È importante sottolineare il fatto che l’utilizzo di Saccharomices cerevisiae nell’impasto vede non solo la sua implicazione nel processo di fermentazione, ma direttamente anche nelle proprietà reologiche della pasta influenzando la cosiddetta “maturazione dell’impasto”.
L’azione del Saccharomices cerevisiae nella tecnologia di panificazione si può riassumere:

  • responsabile della produzione di anidride carbonica;
  • responsabile della produzione di metaboliti secondari responsabili del classico aroma e sapore del pane;
  • responsabile della maturazione dell’impasto

Queste funzioni non sono separate e distinte, ma strettamente correlate tra loro.

La cottura

La cottura è un processo di riscaldamento delle forme lievitate che trasforma l’impasto in prodotto cotto. Durante la cottura avvengono numerosi fenomeni:

  • sviluppo in volume del prodotto
  • formazione della mollica e della crosta
  • formazione di aromi e colorazione
  • diminuzione dell’umidità e del peso

I processi post cottura

Dopo la cottura hanno inizio 2 processi: trasudamento e raffermamento.
Il primo consiste nel raffreddamento e nell’asciugatura. Alla fine della cottura in qualsiasi prodotto ben cotto, nella parte centrale della mollica rimane dell’umidità, che in seguito scompare più o meno velocemente in base al volume.
Il secondo, il raffermamento e l’invecchiamento del pane, avviene grazie al processo di retrogradazione dell’amido. I granuli di amido emettono l’acqua assorbita nel loro interno e le molecole di amilosio si avvicinano formando una struttura rigida. L’acqua in parte passa dall’amido al glutine, in parte migra verso la crosta e infine dalla crosta all’ambiente facendo diventare l’interno sempre più secco e la crosta maggiormente umida.

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