La cucina romana: le origini e i piatti tipici
Cacio e pepe, saltimbocca e trippa. Non appena pronunciamo queste parole, subito pensiamo alla Città Eterna e alle sue antiche tradizioni culinarie. D’altronde, quella che noi tutti conosciamo come cucina tipica romana – o romanesca, per intenderci – non è altro che un insieme di ricette semplici e povere, spesso preparate con ingredienti di recupero, che nascono dal popolo per il popolo. Eppure, Roma è stata per molti secoli una delle città più note al mondo, crocevia di popoli e di culture di ogni genere, che si sono intrecciate a quella nostrana dentro e fuori la cucina.
Ogni piatto, quindi, è il risultato di millenni di storia che hanno portato a tavola piatti dai sapori intensi e genuini. E proprio per rivelare la complessità di queste ricette, Red Academy propone un corso cucina romana, che svela i segreti di tre delle portate più amate della Capitale.
Prima di vedere di quali piatti si tratta, scopriamo qualcosa di più sulle origini della tradizione culinaria di Roma:
Cucina romana: le origini
Come già anticipato, la cucina è stata da sempre un elemento importante del grande Impero Romano. Dire che sono nati in contemporanea può sembrare esagerato, eppure è davvero realista. Le taverne – cauponae – sono sempre state un luogo di rilievo nella vita socio-economica della città, così pure come lo è stata la tradizione culinaria. Si fa infatti risalire ai tempi di Tiberio (14/37 d.C.) il De Re Coquinaria, la prima raccolta di ricette cucina romana redatte da Marco Gavio Apicio, noto cuoco e gastronomo del tempo.
Ci sono quindi importanti testimonianze storiche che dimostrano si tratti di una tradizione culinaria costruita nei secoli. A partire dall’Antica Roma e poi fino al Cinquecento – e poi oltre -, l’abitudine di mangiare nelle taverne e nelle osterie della città si è mantenuta ben viva. I piatti proposti erano semplici, eppur golosi, preparati con quello che l’Agro Romano offriva: non solo erbe, verdure, ortaggi, ma anche capre, pecore e maiali. Questo ben spiega il perché i carciofi e la rughetta siano tra leverdure più apprezzate di questa cucina, così pure il perchè l’abbacchio sia presente da sempre sulle cucine della Capitale, soprattutto in primavera e in occasione della Pasqua.
Questi sono rimasti gli ingredienti base delle ricette della cucina romana per molti secoli, anche se questa ha subito una sterzata importante tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, quando la comunità ebraica della Capitale ha cominciato ad ampliarsi per via dell’espulsione degli Ebrei dalla Spagna nel 1492. Tenendo conto di questa crescita, nel 1555 Papa Paolo IV istituì il cosiddetto “Ghetto” in una zona del Rione Sant’Angelo, dove la comunità visse per secoli mescolando la propria tradizione culinaria con quella della città che l’aveva accolta. Tanto per dire, è nata così la celebre ricetta del carciofo alla Giudia, preparato dalle massaie ebree in occasione del Kippur.
Altro grande influsso sulla cucina romana è stato dato dall’istituzione del Mattatoio di Testaccio, inaugurato l’1 dicembre 1891. Da questo momento, nella tradizione culinaria della Capitale si diffuse l’utilizzo del cosidetto quinto quarto, ossia ciò che rimane del bovino dopo il taglio delle parti più nobili (i due quarti anteriori e i due quarti posteriori): frattaglie, coda, testa, zampe ed altri scarti esterni diventarono così alcuni tra gli ingredienti principali delle ricette di Roma. Anzi, a questo si aggiunse il fatto che spesso gli operai del mattatoio veniva pagati anche con prodotti di bassa macelleria come lingua, fegato e polmoni, che questi rivendevano a loro volta alle osterie, che incominciarono così a preparare piatti utilizzando praticamente tutti gli scarti del macello. Nacquero così piatti come la coda alla vaccinara, la trippa alla romana e le animelle fritte dorate.
Insomma, la storia della cucina romana sembra nascondere segreti davvero interessanti, ma vediamo ora se lo è stesso per i piatti proposti dal corso di Red Academy.
Cacio e pepe
È uno dei primi piatti della tradizione romana per eccellenza, ossia quegli spaghetti avvolti in una crema di cacio e pepe che fa venire l’acquolina in bocca soltanto all’idea. Ma al di là del gusto, noto davvero a tutti, pochi sanno che questa ricetta ha le sue origini nel mondo agro-pastorale: per accompagnare i lunghi spostamenti del gregge i pastori erano soliti portare con sè alcune tra le provviste più caloriche e reperibili che avevano a disposizione. Ecco allora che la pasta, il pepe e il pecorino diventarono immediatamente gli ingredienti principali di questo primo piatto.
La ricetta, d’altronde, è semplice ed è rimasta pressoché invariata sin dalla sua origine. La pasta – preferibilmente spaghetti o tonnarelli – va condita con una crema preparata mescolando il cacio grattugiato e l’acqua di cottura nel rapporto di 1:1, in modo tale che l’amido rilasciato dalla pasta vada ad amalgamarsi al meglio con il formaggio. Il tocco finale è dato dal pepe macinato, così da rendere il tutto ancora più appetitoso.
Saltimbocca alla romana
Si dice che abbiano un’origine bresciana, eppure l’adozione romana ha reso i saltimbocca una delle ricette tipiche della tradizione culinaria della Capitale. Al di là della provenienza, una cosa è certa: un piatto storico, citato da Pellegrino Artusi nel suo trattato La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, in cui ne viene spiegata con esattezza la preparazione.
Si tratta di una ricetta semplice: al di sopra di fettine di carne di manzo o vitello si fissano con uno stuzzicadenti una fetta di prosciutto crudo ed una foglia di salvia,per poi cuocere il tutto in un condimento a base di vino bianco e burro. In alcuni casi, la carne viene precedentemente infarinata, ma si tratta di varianti piuttosto personali, che non sono del tutto parte della cucina romana originaria. Qualunque sia la preparazione, ne deriva un piatto che rispetta a pieno quanto descritto dal suo nome: il saltimbocca, infatti, viene chiamato così perché tanto goloso da sembrare voler saltare nelle nostre fauci.
Trippa alla romana
Ed ecco il piatto che deve la sua fama al cosiddetto quinto quarto del bovino: la trippa si ricava, infatti, dalla pancia dell’animale, essendo sostanzialmente costituita dai suoi tre prestomaci. A dispetto del nome, contiene pochi grassi e molte proteine, ma richiede una preparazione davvero attenta e precisa. La trippa alla romana, ad esempio, viene cucinata rigorosamente con passata di pomodoro e mentuccia, per poi essere servita con una generosa spolverata di pecorino. Esattamente come la tradizione richiede da oramai decenni.
Arrivati a questo punto, se siete curiosi di scoprire tutti i segreti delle più celebri ricette della cucina romana, non vi resta altro da fare che iscrivervi al nostro corso e preparare da voi i piatti di questa golosa tradizione.