Il rito piemontese della bagna cauda

Categoria: Cucina 

Il Piemonte è una regione dalla sorprendente biodiversità alimentare. Secondo l’Istituto Italiano di Sociologia Rurale esistono almeno sessantasette formaggi, quarantaquattro salumi e trentasette vini, alcuni dei quali di antichissima origine – la robioletta di Murazzano, ad esempio, era già descritta dal celebre Plinio il Vecchio attorno al I secolo.
Ma oltre ai prodotti artigianali, la cucina piemontese vanta da tempo una grande esperienza con le verdure più tipiche: non solo i famosi asparagi di Santena, ma pure peperoni, cardi e sedano. E’ dall’incontro di queste due dimensioni alimentari che nasce uno dei piatti più caratteristici di questa regione, nonché uno dei più buoni: la bagna cauda o, meglio, bagna caôda.

Il termine si può tradurre come “salsa calda”. Si tratta di una preparazione contadina a base di olio, aglio e acciughe che probabilmente ha origini provenzali: già in epoca medievale esistono alcune testimonianze di una rotta mercantile che da Asti giungeva in Provenza proprio per l’approvvigionamento di sale e acciughe. I lavoratori delle saline provenzali erano soliti pranzare con del pane intinto nella cosiddetta anchoiade, ossia una salsa d’olio e acciughe che potrebbe essere considerata come un predecessore della bagna cauda.

Oggi si prepara soprattutto nelle Langhe e nel Monferrato e viene tradizionalmente servita dentro un tegame di coccio mantenuto caldo da un fornellino dove ogni commensale può intingere a piacere le verdure crude: non solo sedano, cardi e peperoni ma anche ravanelli, verza e topinambur.

Secondo la tradizione, però, la bagna cauda non è una semplice preparazione gastronomica. In Piemonte è giustamente considerata come un piccolo rito, come espressione di una comunità, come un momento sociale e solidario che coinvolge cibo e persone. Si tratta di un vero e proprio piatto conviviale, ed il gesto stesso con cui i commensali intingono ripetutamente le proprie verdure nello stesso tegame definisce di fatto una piccola comunità. È facile immaginare una famiglia contadina riunita dopo la vendemmia a parlare e mangiare assieme, tenendo lontano il primo freddo con una preparazione bollente.

Anticamente una famiglia nobile non avrebbe mai mangiato la bagna cauda: la grande quantità d’aglio era infatti sinonimo di appartenenza ad un basso ceto sociale. Ad oggi ne esistono invece diverse varianti, persino molto ricche (come ad esempio quella col tartufo), e la bagna cauda è diventata un piatto diffuso e apprezzato da tutti i palati.

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