La tradizione culinaria su carta. Dai ricettari storici all’editoria gastronomica

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La tradizione culinaria è da sempre il fondamento della quotidianità tanto da evidenziare le differenze tra gruppi, culture e religioni, rafforzandone l’identità.

A giocare un ruolo fondamentale in campo culinario è sicuramente la comunicazione, in quanto come sostiene Montanari «con la costruzione di una memoria scritta della cucina, che rende possibile l’accrescimento cumulativo delle conoscenze, si realizza un vero e proprio sapere costituito, cosa che non si riscontra, almeno in forma materiale e tangibile, nelle società con tradizione orale».

La principale fonte di comunicazione e informazione scritta viene dai ricettari, una fonte dove poter leggere delle trasformazioni alimentari ed altresì la loro influenza nel sociale.

I primi ricettari risalgono al 230 d.C., una raccolta di circa 450 ricette divise di 10 volumi, forse scritte da Apicio.

Con la fine del Medioevo i ricettari iniziano a divenire più frequenti, tanto da far diventare famoso anche oltre confine il celebre ricettario Liber de coquina.

Negli anni descritti è sempre difficile stabilire chi sia effettivamente l’autore del manuale; il primo ricettario ad avere un autore certo è il Libro de Arte Coquinaria, che il maestro Martino da Como scrisse nella seconda metà del ‘400. Cuoco delle più importanti corti, arricchisce il ricettario con diverse influenze regionali, maggiori dettagli nei procedimenti e maggiore precisazione terminologica.

Nel periodo che va dal Cinquecento, con i ricchi banchetti delle corti, e il Settecento, con il passaggio da una cucina ricca di spezie ad una più raffinata molto vicina alla cucina francese, fatta di salse di accompagnamento e brodi, i ricettari diventano un’utile esclusivo aiuto in cucina per cuochi professionisti.

La prima vera esplosione di editoria gastronomica italiana si ha nella seconda metà dell’Ottocento. La società ormai alfabetizzata ha bisogno di un aiuto in cucina, le massaie hanno bisogno dei segreti in cucina. Con il manuale dell’Artusi, datato 1891, (La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene) si danno al paese le basi teoriche della cucina borghese. Grazie a lui la cucina regionale italiana diventa cultura nazionale. L’Ottocento è però anche il secolo in cui la cucina diventa a tutti gli effetti un campo di ricerca.

Cambiando i destinatari, cambiano i contenuti ma cambiano anche le mani. La prima donna a scrivere di cucina è Giulia Ferraris Tamburini. I ricettari da qui iniziano a conquistare fasce di pubblico sempre più ampie e il loro successo viene confermato dalle numerose ristampe e dalla nascita di manuali da collezione e riviste periodiche.

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