Cereali integrali o raffinati. Miti e realtà

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Nel dibattito pubblico sostenuto da medici e nutrizionisti sul ruolo dei carboidrati nell’alimentazione ha ormai trovato uno spazio ben riconosciuto e visibile un tema che per’altro appassiona da tempo buongustai e salutisti di tutto il paese, ovvero l’ormai epica contrapposizione tra cereali integrali e cereali raffinati.

Ad onor del vero, volendo mettere da parte la polemica pubblica (e privata, se pensiamo ai dibattiti nelle famiglie e tra gli amici!), la scienza dell’alimentazione tende a presentare il dato reale con accenti decisamente meno accesi, isolando le reali conclusioni empiriche dalle prese di partito aprioristiche che spesso infiammano anche i dibattiti in materia di nutrizione.

Esistono alcune evidenze assodate che fanno ritenere i cereali integrali la scelta migliore dal punto di vista nutrizionale, soprattutto nelle società occidentali che ormai soffrono a livello epidemico delle tipiche malattie del benessere, a partire dal sovrappeso cronico fino all’obesità, per arrivare facilmente al diabete, alle malattie cardiovascolari e a quelle degenerative.

I cereali integrali hanno un contenuto maggiore di vitamine e minerali, essenziali per la salute dell’organismo. La raffinatura impoverisce i cereali fino a renderli quasi del tutto ‘vuoti’ dal punto di vista nutritivo; i cereali raffinati sarebbero, quindi, validi solo come fonte di carboidrati, ma poveri o del tutto privi di micronutrienti.

I carboidrati contenuti nei cereali integrali vengono assimilati meglio dall’organismo grazie all’azione di rallentamento esercitata dalla compresenza di fibre alimentari. Questo significa che mangiare riso, pasta o pane integrale avrà un impatto metabolico inferiore sulla nostra glicemia e sulla produzione insulinica del nostro organismo, a parità di carboidrati introdotti.

Il ruolo della fibra è chiaramente benefico, ma non occorre dimenticare che in agricoltura la crusca dei cereali raccoglie la maggior parte dei pesticidi. Se si opta per l’utilizzo di cereali integrali è quindi buona norma prediligere prodotti confezionati nel rispetto delle norme sull’agricoltura biologica.

I cereali non raffinati contengono quote molto maggiori di vitamine e minerali utili per l’organismo, ma la presenza della fibra tende a limitarne l’assorbimento da parte del nostro apparato digerente. In questo senso che voi scegliate di mangiare pasta integrale o raffinata è sempre bene tenere a mente che l’apporto vitaminico e minerale dei vostri primi piatti sarà garantito prevalentemente dai sughi che condiscono la portata, che di solito sono molto più ricchi dal punto di vista dei micronutrienti.

Ma in definitiva il luogo comune più pericoloso su questo argomento interessa proprio l’impatto metabolico, argomento che tende a dominare il dibattito in materia.

Perché se è vero che l’utilizzo di cereali integrali abbassa l’impatto metabolico dei carboidrati introdotti tramite il pasto, perché la presenza della fibra ne abbassa l’indice glicemico, è pur sempre vero che in materia di risposta insulinica generale sarà sempre il carico glicemico a fare la differenza.

Quindi se è sicuramente vero che mangiare pane e pasta integrali è preferibile, è altrettanto vero che tale accortezza non può determinare (nelle ricette dello chef come nelle diete soggettive dei consumatori) un meccanismo di adeguamento delle quote complessive di carboidrati a servizio.

In altre parole anche se la pasta integrale viene assimilata meglio, perché ha un indice glicemico più basso grazie alla fibra, si tratta pur sempre di una fonte molto densa di carboidrati, che deve pertanto essere misurata con cura per evitare l’eccesso alimentare e le spiacevoli ricadute metaboliche che ne derivano.

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