Storia e curiosità del babà napoletano. Un classico dolce partenopeo.

Categoria: Pasticceria 

O’ babbà, noto in tutta italia con il nome di babà, è un classico della tradizione culinaria napoletana e campana in generale: non si discute e non si può certo togliere a Napoli uno dei suoi simboli e delle sue delizie principali (anche se su questo aspetto la lista è davvero lunga). Questo dolce dal sapore ricco e gustoso però non è nato in terra partenopea ma fuori dai confini italiani, per la precisione vanta origini polacche per poi trovare la sua definizione a Parigi e successivamente giungere a Napoli. Vediamo insieme qual è stato il percorso che ha portato alla creazione del babà, uno dei dolci più noti della pasticceria italiana, come lo conosciamo oggi in tutta la sua bontà.

Storia del babà

La nascita di questo dolce è associata a Stanislaw Leszczinski: suocero di Luigi XV dopo averne sposato la figlia Maria, Re di Polonia dal 1704 al 1735 e poi Duca di Lorena dal 1736 al 1766 in seguito all’esilio. Il re – colto e raffinato oltre che goloso – consumava abitualmente molti cibi dolci ed i pasticceri di corte erano soliti proporgli il “kugelhupf”, una torta alsaziana tipicamente natalizia con impasto e forma simili al panettone fatta con farina, zucchero, uova e uva sultanina. Questa torta però non soddisfaceva a pieno il re che era annoiato dalla frequenza con cui gli veniva servita oltre che infastidito dall’ eccessiva durezza dell’impasto. Si narra quindi che un giorno decise di bagnare il dolce troppo secco e asciutto con del liquore e dello sciroppo di zucchero creando così la bagna tipica del babà odierno.

Un’altra versione narra invece che Re Stanilslaw colto da un momento di rabbia abbia lanciato il dolce contro una credenza andando a colpire una bottiglia di rum che si sparse per la stanza e lo indusse ad assaggiare il dolce imbevuto del liquore. Fu amore a prima vista e re Stanislaw decise di chiamare questo dolce dalla consistenza morbida e profumata “torta di Ali Babà” come omaggio al protagonista de “Le mille e una notte” e ai sapori tipici della tradizione orientale. Da qui deriverebbe il nome polacco babka che però vuol dire anche “nonna” come probabile omaggio alla sua forma che ricorda quella delle gonne delle nonne.

Dalla babka polacca deriva poi il babà francese. Il dolce polacco fu infatti introdotto a Parigi da Nicolas Stohrer – pasticciere di corte della moglie del re di Francia Luigi XV – che aprì un laboratorio di pasticceria dove modificò il dolce attribuendogli la classica forma a fungo e immergendolo nello sciroppo di rum che gli conferisce il suo caratteristico colore ambrato. Anche il nome subì una modifica passando dal polacco babka a babà con l’accento sulla sillaba finale tipicamente francese.

Come arrivò allora a Napoli il suo tipico dolce al rum? Fu portato da cuochi di formazione francese – i monzù da una storpiatura del francese monsieur – che prestavano servizio presso le famiglie aristocratiche partenopee nel XVIII e XIX secolo e poi elaborato dalla bravura dei pasticceri napoletani. Le prime notizie sul babà napoletano sono contenute nel manuale di cucina scritto dal cuoco Angeletti nel 1836 per Maria Luigia di Parma: qui è descritta una ricetta con uvetta e zafferano poi andata scomparendo negli anni a favore di ricette più popolari con crema e amarene.

Il segreto di un babà ben riuscito resta la tecnica di impasto che lo rende molto soffice ed i lunghi tempi di lievitazione all’interno di uno stampo a forma di tronco di cono allungato. Al termine della cottura e della asciugatura che dura almeno un giorno viene poi immerso nel rum, in altri liquori come il limoncello o nello sciroppo di zucchero.

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